mercoledì 13 giugno 2007

Adamo rivoluzionario

Pochi giorni fa mi è stato domandato se, e che tipo di interpretazione politica poteva essere data al problema teologico del peccato originale, in termini semplici, com’è possibile dare una teoria politica al peccato compiuto da Adamo ed Eva. La risposta che si voleva che dessi riguardava l’idea che lo stato edenico costituiva una prospettiva utopica di società umana da ripristinare. Considero questa linea interpretativa un po’ banale, così voglio ora restituirvi quello che io penso (in realtà nemmeno, è giusto per polemica contro la tradizione) possa costituire il fondamento politico del peccato originale.

Prima di tutto è essenziale soffermarci sulla condizione di innocenza di cui godevano Adamo ed Eva prima del peccato. Nella questione 95 della Summa Theologiae San Tommaso scrive che Adamo fu creato retto, in perfetto accordo con quanto contenuto nel versetto 7, 30 dell’Ecclesiaste: Deus fecit hominem rectum. Ora, questa rectitudo di cui parla Tommaso consiste nella giustizia originale (di cui parla Sant’Anselmo) e cioè nella perfetta corrispondenza tra essere e dovere, per cui Adamo, in quanto uomo retto, era ciò che doveva essere. San Tommaso riprende il discorso anselmiano definendo la rettitudine di Adamo con la frase «Erat enim rectitudo secundum hoc, quod ratio subdebatur Deo, rationi vero inferiores vires et animae corpus» e cioè, la rettitudine di Adamo consisteva nella sottomissione della ragione a Dio, delle facoltà inferiori alla ragione e del dominio del corpo da parte dell’anima. La rettitudine si caratterizzava in rapporti di subordinazione. Tutto era finalizzato e orientato alla contemplazione di Dio garantita dalla componente razionale dominante su tutte le altre facoltà umane. In questo consisteva la perfezione di Adamo, in questo consisteva la sua giustizia. La giustizia era fondata su un rapporto interno al soggetto-Adamo fondato da rapporti di sottomissione finalizzati alla contemplazione del fine ultimo Dio.
In virtù del dominio delle facoltà inferiori da parte della ragione Adamo era impassibile, non provava emozioni come tristezza e speranza poiché, a quanto ci dice Sant’Agostino nel libro XIV del De civitate Dei, Adamo ed Eva godevano attualmente di ogni cosa, per questo il desiderio era a loro sconosciuto. La volontà di Adamo era inoltre perfetta, non indebolita e sappiamo che le passioni secondo Agostino sono defezioni della volontà, espressioni di una volontà indebolita. Quindi oltre ad essere retto Adamo era anche privo di passioni, a parte quelle in accordo con la regola della ragione e cioè la gioia e l’amore.
Nella Genesi (2, 17; 3, 1-24) la condizione di perfezione e giustizia di Adamo venne meno a causa del peccato originale. Si tratta ora di capire che tipo di peccato fu il peccato commesso da Adamo.
Dalla lettura di Agostino sappiamo che il peccato di Adamo non fu un peccato di gola e cioè il semplice desiderio di un bene materiale, Adamo non provava desideri materiali, era impassibile, per tanto il desiderio di Adamo fu di tipo spirituale. Fu un peccato di superbia, fu la volontà di volere essere come dei, di volersi allontanare da Dio per essere autonomi. La volontà di Adamo fu volontà di autonomia, di essere legge di se stesso, di non essere più sottomesso alla Legge, a Dio, fu il desiderio di Libertà che provocò la più grave schiavitù: la morte e il lavoro.
Sappiamo sempre da Agostino che Dio punì Adamo ed Eva rimettendo a loro come pena la loro stessa colpa e cioè la disobbedienza. Da questo momento la vita di Adamo ed Eva sarà costituita dalla disobbedienza interiore (l’inordatio di cui parla San Tommaso). Questa disobbedienza interiore è la privazione della giustizia originale e cioè della rettitudine. Non ci sarà più corrispondenza tra volere, dovere ed essere. Poiché Adamo volle cioè che non poteva, da ora vorrà sempre cioè che non potrà mai. Si tratta di una volontà condannata alla frustrazione eterna. La disobbedienza rompe il rapporto di identità tra volere, dovere ed essere ma anche dei rapporti di subordinazione che garantivano la perfezione originale adamitica: la ragione non dominerà più le facoltà inferiori, il corpo non sarà più dominato dalla ragione e l’anima non contemplerà più perfettamente Dio. Il corpo diventa carnale nella carne, è un corpo erotico, concupiscente che ha bisogno di essere coperto. Subito dopo aver peccato Adamo ed Eva infatti si accorgono di essere nudi e “intrecciano foglie di fico e se ne fecero cinture”, l’aprire gli occhi di cui si fa menzione nella Genesi non è un risveglio oculare, è il risveglio della libido. Libido viene da Libet e indica un piacere sfrenato, incontrollabile. La libidine è appunto il sintomo più eclatante dell’inordatio dovuta alla colpa adamitica. I genitali si muovono ora senza volontà, la volontà non governa più niente. Per questo Adamo da ora proverà le passioni, la sua volontà è indebolita, per tanto da ora il corpo sarà corruttibile in quanto l’anima non riuscirà più a dominare la carne.

Detto questo proviamo ora a dare una lettura politica al discorso della Genesi.
Abbiamo detto che il peccato di Adamo fu un peccato di superbia, superbia ha come radice latina “super” e cioè sopra, questo ad indicare che Adamo volle soprammettersi a Dio, sostituire l’eteronomia teonoma originale. Adamo è rivoluzionario, ha voluto conoscere il bene e il male, un privilegio che Dio si riserva e che l’uomo usurperà col peccato. Non è l’onniscienza che l’uomo decaduto non possiede, ne il discernimento morale che l’uomo innocente aveva già. E’ invece la facoltà di decidere de se stessi ciò che è bene e ciò che è male, e di agire di conseguenza: è la rivendicazione di un autonomia morale. Il primo peccato dunque è attentato alla sovranità di Dio, è una rivolta, una rivoluzione in nome della libertà. Ma questa superbia che doveva innalzare ha invece abbassato l’uomo, l’ha umiliato. E questa libertà che doveva liberare ha invece rilegato, rinchiuso e schiavizzato l’uomo.
«Maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!» (Genesi 3, 22)
La schiavitù dell’uomo si configura come schiavitù del lavoro e della morte. L’uomo del peccato, l’uomo rivoluzionario paga la sua libertà con la fatica del lavoro, paga la sua autonomia con la morte. Se Adamo non avesse peccato sarebbe stato perfetto, non sarebbe mai morte, non avrebbe mai lavorato, ma sarebbe sempre stato sottomesso alla Legge. Ma il racconto della Genesi in questa ottica, volutamente provocatoria, è di un cinismo esagerato. La libertà che doveva liberare riduce in schiavitù: l’unica libertà dell’uomo è la libera sottomissione alla Legge: liberi di essere schiavi.

Prima di concludere mi preme un osservazione finale che rimette in discussione tutto quanto detto sopra: non fu Adamo ad essere sedotto dal serpente, ma la donna.
Si tratta di un osservazione fondamentale che si collega direttamente alla perfezione di Adamo rispetto a quella di Eva. Perchè il serpente tentò Eva e non Adamo? Agostino ci dice che Lucifero temeva la razionalità di Adamo, per questo tentò Eva, tentò cioè una creatura di razionalità inferiore. Agostino ci dice che Eva è infirior rispetto ad Adamo e cioè è sottomessa a lui, ma io vorrei ribaltare il discorso e cioè dimostrando in realtà che fu Adamo ad essere sottomesso alla donna, nonostante la sua superiore razionalità.
Uno dei passi più belli del libro XIV del De civitate dei di Agostino è quello in cui l'ipponiense si interroga sulla diversa motivazione che spinse Adamo a peccare. Secondo la lettura agostiniana, in accordo con il racconto della Genesi, Adamo ed Eva erano sposati. Non solo. Agostino dice che l'uomo è un animale così sociale (insegnamento aristotelico) che rinuncerebbe a tutto pur di non rimanere solo. Adamo ha cioè così paura della solitudine che decide di perdere la sua rettitudine pur di non perdere il suo sodalizio con Eva. Il peccato di Adamo fu cioè spinto dall'accondiscendenza. San Paolo nell'Epistole ai Romani dice: "Adamo non fu sedotto, solo la donna si". Come però giustamente ci ricorda San Tommaso nel primo articolo della questione 95 della Summa teologica, Paolo non dice che Adamo non peccò, dice solo che non fu sedotto. Adamo peccò quanto Eva, ma peccò non perchè spinto dall'autonomia, dall'essere come dei, ma perchè spinto da Eva. L'accondiscendenza è sottomissione, Adamo di fatto era sottomesso alla donna. Ma la cosa interessante che se ne deduce da tutto questo discorso è che la ricerca di autonomia è insita nella natura della donna, non dell'uomo, e questo per una inferiorità razionale della donna stessa. L'uomo-Adamo nella sua perfetta razionalità sa bene che questa libertà così seducente non potrà mai portare a qualcosa di buono, solo la donna lo pensa. La donna è cioè spinta dal desiderio della sopramissione, e spinge nel suo progetto anche l'uomo.
Questo per dire che il desiderio di autonomia è in quest'ottica un desiderio femmineo irrazionale. La razionalità perfetta sa bene che la libertà è solo libero pensiero di schiavitù.

sabato 9 giugno 2007

Haiku 10

Mio Lucherino,

sale giù dall'iride,

non piangere più