Da che cosa trae origine un essere vivente? Come è possibile che due individui, accoppiandosi, generino una nuova vita? E’ forse in virtù di una materia indifferenziata che si originano ex novo gli esseri viventi, oppure questi stessi esseri sono già preformati nell’ovulo o nello spermatozoo?
Oggi, grazie agli studi della Biologia dello Sviluppo, sappiamo che il nuovo individuo si origina dall’unione di due elementi specializzati, i gameti: quelli maschili, spermatozoi, e quelli femminili, cellule uovo. Il legame tra genitore e figlio è dato quindi dalle cellule riproduttive. Queste cellule però sono piccolissime, talmente piccole da risultare invisibili all’occhio umano, così non fu facile stabilire che proprio dalla loro unione si otteneva il nuovo individuo.
La conoscenza che oggi noi abbiamo del concepimento e dello sviluppo embrionale è il risultato di un dibattito plurisecolare che vide contrapposti non solo due modi di considerare l’origine della vita, ma anche e soprattutto due modi di considerare la natura.
Ancor prima che l’occhiale galileiano si mutasse nell’occhialino, negli anni di Galileo e del giovane Cartesio il dibattito conoscitivo si era arenato su un affascinante problema della natura: l’origine della vita.
Nel 1651 William Harvey, famoso per gli studi fisiologici sulla circolazione del sangue[1], scrive le Exercitationes de generatione animalium in cui espone una concezione della vita di tipo preformista. La forma dell’individuo, dice cioè Harvey, preesisterebbe miniaturizzata nell’uovo. La forma viene, per Harvey, da una forma preesistente che si “converte” in agente efficiente sulla materia e rimane identica a se stessa, sebbene sia inosservabile durante tale conversione.
«Omne vivum ex ovo»[2], la vita nasce dall’uovo.
Venticinque anni prima della pubblicazione dell’Exercitationes de generatione animlium Galileo scrisse, in una lettera inviata al principe Cesi, presidente dell’accademia dei Lincei, di aver «messo a punto un occhialino che faceva apparire grandi le cose piccole»[3]. Nasce il microscopio. Nel giro di pochi anni grazie ad esso avvengono importanti scoperte, come il dotto pancreatico, le ghiandole di secrezione delle guance, i capillari etc. Alla luce di queste scoperte, vecchie teorie sul corpo umano vennero riviste. Il microscopio, l’occhialino, spinse lo sguardo al di là del visibile. Sono questi gli anni in cui si impone un idea di corpo come mirabile strumento meccanico.
Nel 1633 esce l’Homme di Cartesio, con lo schema di un embriologia meccanica. Il corpo viene interpretato sulla base del funzionamento meccanico dei suo organi. La macchina diventa il modello di spiegazione dei fenomeni del mondo vivente[4]. Nasce la iatromeccanica, cioè meccanica applicata alle attività di ricerca del medico-biologo. L’uomo creò la macchina e la macchina divenne l’uomo.
Tra i più grandi iatromeccanici del Seicento bisogna annoverare Alfonso Borelli di Messina. Nel 1681 viene pubblicato postumo la sua opera più importante, il De motu animalium in cui dimostra come le azioni reciproche tra osso, tendine e muscolo possano essere ridotte ad un sistema meccanico di pesi e contrappesi. L’analisi meccanica è rigorosa. Ma perché parlare di Borrelli parlando del dibattito sulla vita? Semplice, perché uno dei suoi allievi era Marcello Malpighi, anatomista, microscopista e soprattutto preformista ovista. Nel 1637 Malpighi scrive la Dissertatio epistolica de formatione pulli in ovo. In quest’opera lo studioso italiano osservò al microscopio che nella cicatrice di un uovo gallina non fecondato si poteva vedere già preformato il pulcino in miniatura. E’ la prova inconfondibile per Malpighi della bontà delle argomentazioni dell’ovismo.
La matrice del nuovo organismo è ancora cercata nell’uovo, lo spermatozoo non era ancora stato scoperto. Per questa scoperta si dovrà aspettare fino al 1677 quando uno scienziato olandese, Anton van Leewenhoeck in una lettera manoscritta inviata alla Royal Society annuncia di aver visto al microscopio «animali rotondi e dalla coda sottile dotati di grandissima mobilità»[5]. Come spesso accade ciò che porta ad una scoperta è l’imprevisto, e così avvenne per la scoperta degli spermatozoi. Il giovane Jan Ham, studente di medicina, si era recato da Leeuwenhoeck, che sapeva usare e costruire i migliori microscopi di tutta l’Olanda, con un campione di sperma prelevato all’uopo da un paziente che soffriva di gonorrea[6]. Analizzando col microscopio quel liquore il microscopista olandese aveva scorto per la prima volta «degli animali vivi, dotati di coda e incapaci di sopravvivere più di 24 ore»[7]. All’inizio si pensò ad una malattia, ma quando Leeuwenhoeck incominciò ad analizzare campioni di liquido seminale prelevati da pazienti sani allora capì che quegli «animalcoli spermatici» erano caratteristica di tutti i liquori maschili[8].
Con Anton van Leeuwenhoeck nasce l’idea che l’individuo si trovi già preformato non nell’uovo, come pensavano scienziati illustri come Harvey e Malpighi, bensì nello spermatozoo. Si trattava sempre e comunque di una teoria preformista a cui faceva di riferimento l’idea dell’individuo preformato miniaturizzato: l’homunculus. Da questo momento il preformismo sarà, o ovismo, per cui l’individuo, l’homunculus, si trova “inscatolato” – emboite[9] – all’interno della cellula uovo, o animalculismo, per cui l’individuo si trova all’interno del liquido seminale.
Figura 1. Esempio dell’homunculus secondo la teoria animalculista.
Bisogna anche considerare che il modello preformista oltre a fungere da cornice concettuale di tipo scientifico riposava su una concezione creazionistica della natura: Dio, all’alba dei tempi, creò tutte le forme viventi con un singolo atto e le rese capaci di riprodursi meccanicamente , senza dover intervenire continuamente. La preformazione è dunque un atto divino che coincide con la creazione, da parte di Dio, di germi preesistenti all’individuo adulto, che ne direzioneranno lo sviluppo futuro. Dio creando Adamo ed Eva creò i germi della loro stessa prole, germi già preformati in ogni loro parte, germi a cui non restava altro che crescere e svilupparsi fino a diventare nuovi individui maturi, ma senza che nulla si creasse. La vita era già presente, era già stata messa, come nel seme è già presente l’albero che andrà a formarsi.
Se l’individuo si trova preformato all’interno della cellula uovo (ovismo), e se tale individuo è femmina, allora al suo interno sono contenute a loro volta minuscoli individui che, se anch’esse femmine, al loro interno ne contengono altre ancora più minuscole, e così via, come una sorta di bambola matrioska che prosegue all’infinito. In altre parole, per i preformisti ovisti nelle ovai di Eva era contenuto l’intero genere umano. Per gli animalculisti invece fu Adamo a generare l’umanità, cosa provata dopotutto dal fatto che fu Adamo stesso il primo ad essere stato creato. E così nel XVII secolo il dibattito tra animalculisti e ovisti diventa il dibattito tra chi sosteneva Eva e chi Adamo, chi l’uovo e chi la gallina alle spalle dell’uovo. Da una parte Malpighi e Harvey a favore di Eva e dall’altra Leeuwenhoeck e il suo discepolo Hartsoeker a favore di Adamo
[10].
Nonostante l’importanza della scoperta di Leeuwenhoeck, nel XVIII secolo la tesi ovista fu nettamente predominante su quella animalculista, specie in Italia. Comunque l’individuo, e per l’uno, e per l’altro, si formava attraverso generazione e non fecondazione, nel senso dell’unione di due germi. O era per la cellula uovo o era per lo spermatozoo, e questo significava molto semplicemente che chi credeva in una teoria non poteva credere nell’altra. L’idea di generazione come fecondazioni nascerà solo nell’Ottocento, con le ricerche dell’embriologo Oscar Hertwig sulle uova del riccio di mare. Ma prima di Hertwig e prima del nuovo secolo fu Lazzaro Spallanzani a riconoscere l’importanza del contatto diretto dello sperma con le uova per ottenere la fecondazione di queste ultime, dove l’embrione esisterebbe preformato
[11]. Con Spallanzani si chiuse quindi il dibattito tra ovisti e animalculisti rimanendo comunque all’interno di un discorso preformistico.
Tra le righe del preformismo si legge l’ambizioso progetto di ricondurre il testo biblico entro i ranghi di un ordine meccanicistico e razionale: tutti gli esseri viventi si inseriscono in uno schema preciso, che spiega le loro affinità e differenze, in obbedienza a quelle leggi con cui Dio, nell’atto di dare una forma alla natura l’ha sapientemente regolata. L’esponente più importante del creazionismo fu lo svedese Carl Linnè. Per il botanico Linneo le specie sono fisse e immutabili poiché ogni forma è stata prodotta da Dio nel momento della creazione. Tutto il lavoro di Linneo si può leggere come il tentativo grandioso di catalogare e ordinare tutte le forme viventi all’interno di una concezione della natura ordinata e finalistica.
Tutto questo però mal si adattava allo spirito del secolo dei lumi, d’altronde, come poteva mai adattarsi l’idea di una natura statica e immutabile al secolo del dio Progresso? Per gli illuministi fu quindi necessario superare il preformismo, abbandonare l’idea meccanica e considerare la natura in modo dinamico. L’uomo smise di essere una macchina e la vita divenne processuale e funzionale.
Fu in questa nuova visione del mondo e dell’uomo che nacque l’epigenesi, la nuova teoria della generazione che andrà a sostituire quella preformista. Nel 1759 Caspar Friedrich Wolff scrive la Teoria della generazione in cui afferma, grazie alle osservazioni microscopiche degli organi delle piante e dell’embrione del pulcino, che gli organi di un essere vivente non sono preformati nell’ovulo o nello spermatozoo ma si originano ex novo in base a cause insite nelle dinamiche dello sviluppo stesso. Si tratta di una teoria che offre il vantaggio di riconoscere alla natura una sua propria azione e che, servendosi quanto meno possibile del soprannaturale, lascia alla natura tutto ciò che seguisse al primo incominciamento
[12].
Il bisogno epigenetico, un bisogno filosofico nato dall’esigenza di considerare diversamente la natura, diventerà acutissimo con Buffon e Lamarck. A poco a poco l’idea di natura linneana statica e immutabile andrà a sgretolarsi. Con Lamarck le specie si modificano per influenza dell’ambiente, con Cuvier le specie di Linneo vengono sostituite con gli embranchements, i tipi zoologici. La natura ha definitivamente cambiato aspetto, ma cosa rimaneva della genesi dell’uomo?
Oggi, grazie ad una serie di studi , che vanno dalla genetica alla biochimica e all’embriologia, sappiamo che il nuovo organismo è in grado di raggiungere la sua struttura definitiva attraverso un processo dinamico di successive trasformazioni, il cui programma si trova precostituito nel suo patrimonio ereditario. Se da una parte sia epigenesi che preformismo furono due modi altrettanto sbagliati nel considerare il processo generativo, di fatto entrambi avevano ragione: i preformisti, poiché le strutture di attivazione genetica costituiscono una sorta di mappa del futuro organismo; gli epigenisti perché si è scoperto che le interazioni tra popolazioni cellulari e i fattori ambientali, non sono riducibili a delle semplici influenze sul corso di sviluppo determinato dai geni
[13].
In conclusione, si può considerare il dibattito tra preformisti ed epigenisti come un discorso complesso sull’origine della vita che riguardò il modo stesso di considerare la natura , un dibattito in cui si contrapposero non solamente diverse concezioni scientifiche, mediche o biologiche ma anche e soprattutto ispirazioni filosofiche e teologiche.
[1] W. Harvey, Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus, 1628
[2] W. Harvey, De generatione animalium, 1651
[3] G.Galilei, Lettera a Federico Cesi, in Il carteggio Linceo, Roma, G. Gabrieli, 1996, pp. 964
[4] Nel 1747 esce l’Homme machine di Julien Offroy de la Mettrie in cui si espone l’idea dell’uomo come gigantesco e complessa macchina, una sorta di grande orologio meccanico.
[5] A. Leeuwenhoek, Epistolae ad Societatem Regiam Anglicam,Lugduni Batavorum, 1719, p. 123
[6] A quel tempo con gonorrea si indicava la perdita involontaria di seme
[7] A. Leeuwenhoek, , Epistolae ad Societatem Regiam Anglicam,Lugduni Batavorum, op. cit., p. 123
[8] Non tutti riconobbero gli studi di Leeuwenhoeck, Antonio Vallisneri per esempio nell’opera istoria della generazione del 1721 nega la veridicità degli animalcoli spermatici
[9] Emboitè ed emboitment sono termini che appartengono al lessico settecentesco del preformismo
[10] Ovviamente Malpighi, Harvey, Leeuwenhoeck e Hartsoeker sono presi a carattere esemplificativo, all’interno del dibattito furono di scena moltissimi altri medici e biologi illustri.
[11] Spallanzani, Lazzaro, Prodromo di un’opera da imprimersi sopra le riproduzioni animali, Modena, nella Stamperia di Giovanni Montanari,1768
[12] La teoria epigenista sarà accettata anche da Immanuel Kant.
[13] L’embriologo Waddignton parla di “paesaggi epigenetici”