sabato 6 gennaio 2007

Analisi e commento dei Capricci di Goya (1 parte)

Dato che ultimamente mi si sta accusando di deriva picaresca ho deciso di alzare un po’ i toni culturali del blog, proponendo al mio fedele pubblico di intellettuali una serie di commenti ai Capricci di Goya. Inizio con un Capriccio intitolato El si pronuncian y la mano alargan al priimero que llega, che tradotto significa: “Pronunciano il Sì e poi e poi porgono la mano al primo che arriva.

Piccolo riassunto sui Capricci di Goya. I Capricci è la serie di incisioni più famosa del maestro spagnolo (1746 – 1828). Composta da 80 tavole (acqueforti e acquetinte) di grande formato, viene realizzata nel 1799.
Il termine 'capricci' indica quei pensieri stravaganti che danno origine a raffigurazioni di fantasia, e che risente di un’influenza italiana (gran parte del 1770 lo passerà a Roma), a sottolineare il continuo interscambio culturale che Goya ebbe col nostro paese.
Caratterizzati da una satira pungente e a volte grottesca, descrivono con grande lucidità tutti i mali, i pregiudizi, gli inganni e le menzogne della società spagnola dell’epoca, non tralasciando nessuna delle sue classi, da quelle più povere, alla Chiesa, alla nobiltà, persino alla famiglia reale.
Come ebbe modo di dire lo stesso Goya, nel Diario de Madrid del 6 febbraio 1799: “L'autore, essendo persuaso del fatto che la censura degli errori e dei vizi umani (benché propria dell'Eloquenza e della Poesia) possa anche essere oggetto della Pittura, ha scelto come argomenti adatti alla sua opera, tra la moltitudine di stravaganze e falli comuni di ogni società civile, e tra i pregiudizi e menzogne popolari, autorizzati dalla consuetudine, dall'ignoranza o dall'interesse, quelli che ha ritenuto più idonei a fornir materia per il ridicolo e a esercitare allo stesso tempo la fantasia dell'artefice".
La loro pubblicazione procurò un immediato e sdegnato scandalo, dovuto al fatto che molti vi si riconobbero ritratti, al punto che dovette intervenire la Santa Inquisizione impedendo la circolazione delle stampe ritenute blasfeme e scandalose.
Nei Capricci, Goya esplora un vasto panorama di comportamenti, dalla frivolezza delle giovani fanciulle che sperano di accalappiare un ricco marito spesso con l’aiuto di donne più anziane che dispensano loro consigli, alle condotte viziose degli uomini di potere invischiati in losche vicende di corruzione e prostituzione, alla vanità della nobiltà, spesso rappresentata con delle maschere nel loro continuo voler apparire ciò che non sono, o la cattiva educazione impartita da genitori poco accorti ai loro bambini.
Un grande capitolo viene dedicato alla stregoneria, molto spesso ritratta nella sua più cruda bestialità; ne è un esempio la tavola Soffia, dove alcuni bambini vengono mangiati durante una festa notturna oppure in A caccia di denti dove una strega cava i denti ad un impiccato.
La fortuna immediata dei Capricci fu scarsa, al punto che Goya, dalla cui vendita sperava in un ottimo guadagno, si vide costretto a cedere l’intera prima tiratura al Re Carlo IV, in cambio di una borsa di studio per il figlio Javier.
Il successo della serie aumentò con la seconda edizione del 1855, fino a diventare una delle opere grafiche più importanti e celebrate della storia dell’arte.

Veniamo ora al nostro Capriccio.
Al centro della rappresentazione artistica abbiamo la sposa che tende la mano allo sposo. La donna è vestita di bianco, come tradizione, mentre lo sposo in abito scuro, sempre secondo tradizione. Il bianco del vestito della donna così gioca in contrasto con il nero del vestito del marito, un nero che si staglia con l’oscurità dello sfondo. Alle spalle dei due abbiamo la folla urlante che partecipa chiassosamente al lauto evento. Dietro alla giovane possiamo notare due vecchie. La prima sorregge i corpi dei due sposi, quasi a voler essere metafora dell’esperienza che sorregge il matrimonio, la seconda prega con viso austero per il futuro della coppia. Con le vecchie Goya gioca con il tempo creando un ulteriore contrasto, stavolta non più cromatico ma semantico - temporale. Da una parte, più precisamente nel centro dell’incisione, c’è il presente, raffigurato dalla coppia di sposi, dall’altra parte c’è il futuro, rappresentato delle vecchie, brutte e ormai prossime alla morte. Il titolo è significativo: “Pronunciano il sì e poi porgono la mano al primo che arriva”. Ed è proprio così. La natura femminile non è affatto cambiata dal 1799. Arrivati ad una certa età (30 anni) le donne diventano molto più elastiche con i loro gusti e fanno scelte più tolleranti. Io questo lo noto chiaramente. Prima dei trenta la donne vivono scappatelle, sono molto rigide e schizzinose con i loro partner, aspettano il principe azzurro. Quando arrivano ai trenta le cose incominciano a cambiare. L’età avanza e il principe azzurro sembra essere caduto a cavallo. Trenta anni e ancora nemmeno un bambino, intanto il corpo diventa sempre meno pronto per sopportare una salutare gravidanza. L’unico rimedio è “porre la mano al primo che arriva”. Fanculo l’amore, fanculo la bellezza, bastano i soldi e lo sperma, basta porre la mano al primo che arriva.
Goya…che genio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Siccome ormai giudico questo blog anche mio per usucapione, scrivo un piccolo pensiero dopo aver visto il mago Arcella che a Buona domenica ha annunciato per il 22 giugno ha annunciato la caduta del governo Prodi tra le ovazioni e gli applausi del pubblico in delirio.
No niente il pensiero era questo, non credo ci sia bisogno di commenti.
Spreco solo due parole contro il ciccappiano di turno nel programma: troppo facile prendersela col mago apicella...
Quando si avverano le previsioni è un caso quando non si avverano è uno scandalo, per forza mio caro che se la vedi così non possono esistere gli indovini...
Illuminismo: tutto ciò che l'ultimo dei muratori non può comprendere non esiste.
Anche lui in potenza infatti può comprendere le equazioni più astruse partorite dalla mente di qualche ingeniere: necessita soltanto di una certa dose di addestramento.
L'educazione moderna non è altro che un tale addestramento, dovuto alla propedeutica all'uso delle armi da fuoco.
E il cicappiano è il fiore all'occhiello di questo addestramento: pronto a lanciarsi sul campo di battaglia con la testa bassa, ligio agli ordini della Comunità scientifica.
Con l'alone di sacralità, da inquisitore che la sua funzione di illuminatore, di portatore della sua luce solare cruda, capace di disseccare ogni rugiada, ogni muschio, ogni umida radice di vita e di spontaneità.
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