martedì 30 gennaio 2007

Bruno Corzino presenta: Un nuovo modo di scrivere di filosofia


Scrivere (o parlare) di filosofia o filosoficamente, significa utilizzare il linguaggio per trasmettere o far nascere il pensiero nella sua forma più pura, più astratta, più essenziale: non si parla del diritto ma delle premesse del diritto, non della morale ma delle ragioni per cui una cosa è moralmente buona o giusta, non della conoscenza ma delle possibilità della conoscenza, non della vita ma del senso della vita.
Per questo scrivere di filosofia implica una comunicazione più complessa, articolata su vari livelli, essendo il suo fine tanto ardito ed elevato.
La comunicazione ordinaria si basa sull’ellisse.
I particolari per cui un’immagine nasce, i collegamenti soggettivi, il suo contenuto analogico vengono taciuti, filtrati dal linguaggio, per ottenere qualcosa di facilmente assimilabile dall’ascoltatore; funzione decisamente utile per fini pratici.
Tuttavia a livello di comunicazione e coltivazione del pensiero l’ellisse risulta perlopiù dannosa, innanzi tutto perché a tale livello manca un tipo di esperienza oggettuale che completi, che integri le parti che nel messaggio vengono taciute.
In questo modo l’ellisse comune ad ogni parlare filosofico, mancando il riferimento che completi il messaggio, risulta una menomazione arbitraria di uno scorrere.[1]
Certamente l’ellissi è un processo necessario nel discorso, per non ridurre la comunicazione a puro flusso di coscienza privo di un vero contenuto intellettuale, ma divagante in ogni dove; allo stesso modo si fa con gli alberi che vengono potati per far si che crescano meglio.
Dobbiamo allora considerare le varie parti del pensiero e del suo articolarsi.
Se tutta la realtà percepibile è un immagine, ovvero un insieme finito di stimoli, sappiamo che tali stimoli si riflettono sui sensi e sull’intelletto dando luogo a un riflesso che per questo definiamo immagine.
Quindi la realtà è composta da immagini e tali immagini sono riflessi di stimoli provenienti dall’ “esterno”.
Possiamo dire allora che la realtà è composta di riflessi a partire da un centro.
Il pensiero si articola quindi in quattro fasi: 1) l’emanazione dal centro, dal silenzio che nel linguaggio è il punto, inizio e fine di ogni frase[2]; 2) il propagarsi verso la superficie riflettente, lo spandersi della luce nello spazio; 3) il contatto con la superficie riflettente, la creazione dell’immagine riflessa; 4) il ritorno della luce, contenente in negativo l’immagine, verso il centro.
Se questa semplice considerazione sulla realtà e sul pensiero appare strana ed esoterica, occorre forse riflettere su cosa è strano e difficile.
Ad un novizio le teorie aristoteliche appariranno strane ed esoteriche, bislacche e distanti dal senso comune.
Il senso comune: ecco la base, il metro di giudizio di ciò che è strano: la novità è ciò che ancora non vi è contenuto.
Quindi la meraviglia che è fascinazione mista a paura e ritrazione[3].
Quando lo stesso novizio avrà padroneggiato le teorie aristoteliche esse gli appariranno normali, abituali; esse perderanno altresì di bellezza ed interesse.
Tuttavia il senso comune spinge molti che sono pesantemente avvinti nelle sue catene a non vedere bellezza e meraviglia in ciò che vi è estraneo ma a negarlo e distruggerlo in tutti i modi.[4]
Un modo per ridurre la ritrazione che il nuovo, il diverso suscitano, è ricondurre ciò che è esterno al proprio senso comune a qualcosa che già vi è contenuto.
Nel nostro caso notiamo che a questi quattro “livelli” del pensiero[5] nel medioevo corrispondevano i quattro “gradi” della lettura: 1 allegorico; 2 morale; 3 letterale e 4 anagogico.
Le corrispondenze sono puntuali: innanzi tutto (1) si ha il carattere metaforico del pensiero che cerca di definire qualcosa nella sua assenza e per farlo si serve di metafore[6]; quindi si ha (2) il come questa metafora si applica all’agire umano; e (3) l’immagine propriamente detta, il referente materiale; infine (4) il ritorno al “centro”, alla pienezza, mediante la contemplazione della provenienza dell’immagine da tale “luogo”.
Allo stesso modo il pensiero può essere considerato: 1) per la coerenza, ovvero per il concetto posto nella giusta posizione all’interno della grammatica del pensiero ; 2) per la sua analogicità, o metodo, ovvero per la sua maggiore o minore capacità di essere applicato a più immagini-situazioni; 3) per la sua immagine, ovvero per il contenuto di stimoli sensoriali memorizzati; 4) l’abissalità, ovvero la capacità di andare sempre più “a fondo”, procedendo instancabilmente verso l’Origine o scaturigine del pensiero stesso che è Silenzio.
Solitamente lo scrivere filosofico trancia di netto la coda del pensiero, limitandosi all’aspetto concettuale e cristallino; rendendo il pensiero così immobile ed inerte da risultare una salma, una muta pietra (nonostante le varie false aperture della filosofia contemporanea “relativista”; dei vari forse, ma, però).
A contrario tutti questi aspetti dovrebbero essere contemplati da chi scrive filosofia, per fare si che il pensiero si sviluppi in maniera completa e totale.
Omettere le fonti a cui si pensa, al proprio metodo o applicazione nella vita quotidiana, alle immagini sensibili o esempi e alle sensazioni ed atmosfere che esse suscitano e al fine al quale si mira, significa mutilare orrendamente il pensiero, renderlo monco ed incapace di crescere.
Le fonti e la logica interna (1); le immagini a cui si applica e il metodo (2); le sensazioni e le immagini ad esso correlate (3); il fine e il senso (4) devono essere tutti compresi nella scrittura filosofica, anche applicando una sensata ellissi per non far disperdere il pensiero.
Allo stesso modo si dispone così di un metro di giudizio per verificare la validità di un pensiero, basato sulla misurazione di quattro parametri: 1) coerenza; 2) analogicità; 3) artigianalità; 4) profondità.
Per coerenza è da intendersi sia la coerenza interna della grammatica di un sistema di pensiero, sia la capacità di tale ordine di rappresentare la realtà in modo pregnante.
Per analogicità o metodo si intende la possibilità di applicare la teoria all’agire umano, ovvero ad essere applicabile e quindi guidarlo in diverse situazioni.
Per artigianalità è da intendersi il non essere vincolati dalla grammatica della visione comune e di teorie in generale, ma la capacità di forgiare immagini capaci di affascinare, ovvero di costruire un nuovo senso a partire da tale nuova bellezza.
Per profondità o abissalità è da intendersi la capacità del pensiero di andare sempre più a fondo, di non fermarsi ad alcuna conclusione; la massima profondità è raggiunta quando il pensiero di riavvolge su se stesso fino ad autodistruggersi.
Un esempio di coerenza assoluta è l’affermazione parmenidea: “l’essere è e non può non essere”; tautologia logicamente ineccepibile da una parte ed insieme descrizione aderente all’esperienza.
L’analogicità si esprime al massimo nell’idea stessa di Metodo come macchina analogica applicabile a tutta la realtà, capace di guidare l’agire umano in ogni frangente.
L’artigianalità la ritroviamo nella metafora di Wittenstein quando nella prefazione del Tractatus parla delle sue proposizioni come “una scala che una volta utilizzata per salire debba essere gettata via”; da notare come le immagini risultino artigianali, ovvero “soggettive” rispetto alla grammatica di un sistema di pensiero, ma non rispetto al loro significato.
Ovvero conservano in sé un nucleo che costruisce intorno a loro un significato proprio, una propria grammatica che si mantiene invariata rispetto al contesto logico in cui l’immagine viene a porsi.
In questo caso è da notare la somiglianza dell’immagine wittensteiniana con l’iconografia che raffigura una scala appoggiata al crocifisso dove il Cristo sacrifica se stesso.
Per quanto riguarda la profondità la logica buddista è l’esempio perfetto di come riuscire a condurre il pensiero a riavvolgersi completamente su se stesso, a “ritornare a casa”, all’Origine, distruggendosi, sacrificandosi per comunicare la propria vita a qualcosa di più alto.
La verità è un sinolo di forma e sostanza: la forma è il concetto (ordine e posizione), la sostanza è l’immagine, la metafora, l’exemplum.
Privare la verità della sua immagine significa privarla di contenuto, di sostanza.
Baumgarten spiega che la verità è analoga alla bellezza: si tratta di fascinazioni, di innamoramenti, rispettivamente dell’intelletto e del senso.
Come insegna Platone, bellezza e verità sono due entità di cui l’uomo si innamora e tale forma di amore non è altro che un’anagogia, una strada per raggiungere la Pienezza.
Dal momento che l’anagogia o ritorno al Centro è la funzione principale e il fine (anche se la maggior parte delle volte nascosto) di ogni pensiero.
Occorre quindi preservare il pensiero nella sua interezza, affinché nello scorrere del discorso venga trasmessa la verità nella sua luminosità, di modo che senso ed intelletto si innamorino entrambi e affascinati si volgano alla meta più alta.



[1] Heidegger diceva in metafora che il pensiero è come un pesce; toglierlo dalle sue contraddizioni, dal suo sviluppo è come tirarlo fuor d’acqua e farlo morire.
Credo che sia decisamente migliore vedere il pensiero come un albero che si sviluppa in varie ramificazioni ondulate: volerlo tutto concettuale e logicamente cristallino significa farlo divenire dritto tagliandogli tutti i rami.
[2] Si veda a tale proposito anche Kandinsky Punto linea superficie.
[3] Hutcheson, che si occupò di estetica nell’Inghilterra di fine ‘700 pose la novità come una delle quattro componenti della bellezza.
[4] Costoro non sono filosofi direbbe Aristotele.
[5] Dire che il pensiero ha 4 “livelli” è come dire che un uomo è alto 2 metri; si potrebbe altresì dire che è alto 200 centimetri e si sarebbe sempre nel giusto: non si scambi la cartina per il paesaggio rappresentato.
[6] Il nome è un sostituto, un rappresentante.
Tuttavia per definire tale rappresentante, per dire cos’è, il pensiero necessita della metafora.

Copyright Bruno Corzino 2007

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Cioè sta roba fa schifo cioè, non si capisce un cazzo, è una merda secca.
A me mi piace come scrive Magnani che è limpido e circonciso oppure Piero Angela che almeno non sono filosofi come voi che poi siete impotenti...
Non si capisce dove salta fuori sta cosa dei riflessi, cioè che cazzo è sta roba???
La realtà è reale cioè non è mica un riflesso...
Tu dai per scontato che le cose stiano così ma non è per niente scientifico!!!!

by Gigi

il tamarro ha detto...

Non so chi sia gigi ma da Guida, Ingegnere e Materialista gli dò perfettamente ragione!!!

Anonimo ha detto...

Pure io gli do ragione, è un metafisico di merda; parla di gente morta da secoli!!!!
Ma cazzo ci sono filosofi viventi interessantissimi come gli economisti che stanno studiando la docilità all'interno della adattabilità, cioè, il futuro è quello.

By Gianni Mossi

Anonimo ha detto...

MA ti rendi conto che sono cose campate in aria.
Niente è verificato.
E poi io credo che bisogna vedere i fatti, non tirare cazzate.
E scrivere esprimendo le cose della vita non ste cazzate da romanzo.

By Elisa Maffioli

Anonimo ha detto...

Che poi raga, io lo so, l'autore dello scritto è impotente, cioè non gli tira nemmeno in assenza di gravità. Minchia 'na volta ero a casa sua e faccio tutta la figha con i mie 90 chili di amore, gli faccio una lap dens da fatalona sbombardona e niente, nemmeno barzotto ce lo aveva. Cioè io ho fatto da nave scuola a serbi e croati, minchia mi chiamano "tutti cazzi per Betty" e lui zero...A Corz ripigliati, cioè fatti curare.

Anonimo ha detto...

By Betty love

PS
Cioè non è che volevo tradirti con lui, era solo una scommessa.
Lo sai che sei tu il mio amore Daniele Foti.
Ricordi quella volta che te lo toccavo al bar e tu ridevi imbarazzato?
Certo tu non sei impotente come il Corz!!!!
Ce lo hai sempre duro!
Adoro quando mi spalmi i tuoi 9 centimetri di virilità tra un rotolo di grasso e l'altro...
Mmmmmmmh
Ti vogglio!

Anonimo ha detto...

Buongustaia! ti sono piaciuti i miei 9 centimetri in rilassamento eh? E quando è spuntato il Mazinga-zeta però il gioco si è fatto molto più "duro" eh? Maialona

Anonimo ha detto...

Buoncostume

Le segnalo che questo blog ha superato i limiti di decenza.
La invitiamo a presentarsi alla stazione di polizia in via Cairoli 34.
Se non si presenta entro una settimana saremo costretti ad emettere un mandato d'arresto.
Distinti saluti.